Fin dai tempi ancestrali e in ogni cultura, l’uomo seguendo il suo istinto innato, per alleviare il dolore e cercare sollievo sul corpo, ha sempre fatto uso di tecniche di manipolazione “premendo” sui punti dolenti.
Di conseguenza far risalire ad una data precisa l’avvento del Thai è pressochè impossibile, come del resto accade con le discipline antiche tradizionali.
Dal punto di vista dei Thai, popolo molto fiero delle sue origini, il massaggio assume da sempre una sorta di terapia naturale “casalinga”, adatta a risolvere numerose patologie con il fine di creare lo stato di benessere generale e consolidando il rapporto madre-figlio.
Attraverso questa bellissima tradizione inoltre si è garantita la possibilità di conservare la tecnica attraverso i secoli, fino ad oggi.
Il popolo Thai seguendo i flussi migratori, a partire dal 3000 A.C. circa si sposta dal sud Cina nella regione dell’attuale Guanxi, fino al Nord Vietnam, Laos e Nord Thailandia, fino ad arrivare alla Birmania e Assam.
Lo stile del massaggio d’altro canto non lascia dubbi sulla loro provenienza, molto simile alla tecnica Cinese di digito pressione e al lavoro sui percorsi energetici usati nell’agopuntura.
L’altra componente che lo caratterizza, ovvero la parte dinamica di stretching, si fa risalire alla cultura Indiana dello Yoga.
Quel che è certo è che la spiritualità riveste un ruolo importante nella storia del Thay massage, lo dimostra il fatto che la comparsa del massaggio, come lo conosciamo oggi, sia dovuto in seguito all’espansione del Buddismo nella regione asiatica, i pellegrinaggi dei monaci provenienti dall’India hanno dato un contributo importante alla divulgazione della medicina tradizionale di cui l’arte del massaggio appartiene.
I monaci stessi usavano praticare i massaggi nei loro templi, sia come cura che come tecnica per allentare le lunghe sedute di meditazione, insieme ad una particolare forma di Yoga conosciuta come Luesri dadton, che consta in 127 differenti posture.
I principi cardine del massaggio, ovvero la teoria dei Sen, è un altra testimonianza importante sul ruolo che riveste la spiritualità nella cultura del benessere e dei metodi di guarigione.
Nella storia recente durante l’era in cui la capitale del Regno era Ayutthaya, nel 1455 il suo Re Barommatrikolokkanat istituì ufficialmente un dipartimento statale dedicato al massaggio.
In seguito alla distruzione della città, dovuta agli scontri con la Birmania, molti scritti andarono persi e ciò che rimane è custodito al tempio del Wat Pho di Bangkok.
IL PADRE DELLA MEDICINA TRADIZIONALE THAILANDESE
Il merito viene conferito in particolare ad un medico, si tratta di Jivako Komaraphat originario dell’India settentrionale, contemporaneo del Budda e medico del re Pimpisara.
La sua storia narra che venne abbandonato in un cestino di vimini ancora in fasce, lungo il margine della strada nella città di Rajghir, fù raccolto dal principe e portato a palazzo, dove gli fù dato il nome di Jivako che significa sopravvissuto ed anche Komaraphat: il bambino adottato dal principe.
Cresciuto, pensò cosa potesse fare per rendere onore alla famiglia che lo aveva salvato e seguendo anche la sua vocazione naturale decise di studiare medicina.
Viaggiò fino a Taxila, dove incontrò il Dottor Tisapamoke, il quale lo accettò come discepolo. Studiò e lavoro con esso per sette anni.
Al termine degli studi, il suo mentore, come prova di esame mandò gli studenti tra cui Jivako, nella foresta a cercare qualcosa che non fosse curativo.
Ad uno ad uno tornarono tutti, ognuno con un erba in mano che ritenevano non utili ai fini terapeutici.
L’unico a non rientrare fù Jivako, tanto da destare le preoccupazioni dei suoi colleghi studenti, molto tempo dopo si vede spuntare dalla foresta Jivako, che affranto si avvicina al maestro e gli dice: Maestro, mi spiace ma non sono riuscito a trovare neanche un erba che non sia utile per la medicina.
Il maestro disse rivolto a tutti gli allievi: Vedete, Jivako ha capito benissimo la lezione, infatti ogni erba che si trova nella foresta può essere usata per curare.
Diede il consenso affinchè egli potè esercitare la sua professione di medico e
presto la sua fama di guaritore si affermò nel regno, finchè un giorno il Re stesso ebbe una crisi dovuta all’infiammazione delle emorroidi, tale che gli altri medici non riuscirono a dargli sollievo, il principe consigliò a suo padre di interpellare Jivako.
Egli acconsentì e guarì grazie alle cure provvidenziali del dottor Jivako.
Come ricompensa volle regalarle tanti gioielli quanti riuscirono a portare nelle mani tute le sue cinquecento mogli.
Ma Jivako reclinò il regalo ed in cambio chiese di poter continuare ad esercitare il suo ruolo, il Re approvò incaricandolo come medico reale e di servire il Budda e i suoi discepoli.
Durante il suo mandato curò con successo molti pazienti, tra cui anche Budda, diventò un grande medico e riformatore. Ricevette molti onori e il suo operato figura nelle sacre scritture.